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per l'articolo completo vai al sito http://www.corriere.it2008-11-18 l leader Cgil, Epifani: il governo non ci convochi all'ultimo minuto Imprese e famiglie, il piano slitta Il Cipe venerdì, il decreto la prossima settimana. Per i redditi bassi 2-3 miliardi ROMA Bisognerà aspettare ancora una decina di giorni per il piano del governo per sostenere le famiglie, un pacchetto di aiuti che dovrebbe aggirarsi sui 2-3 miliardi di euro, e le imprese, attraverso un intervento sulle banche. Venerdì prossimo si riunirà il Cipe per l'assegnazione di 16,6 miliardi di euro ai progetti infrastrutturali, ma i tecnici dell'esecutivo avranno ancora bisogno di almeno una settimana per mettere a punto le altre misure del pacchetto. Per le famiglie si ragiona sull'ipotesi di uno sgravio o di un bonus, da concedere entro la fine dell'anno. Impossibile per i costi (4 miliardi se limitata ai redditi fino a 30 mila euro) arrivare alla detassazione delle tredicesime, come chiedono l'opposizione e i sindacati, appare difficile anche un intervento sugli acconti Irpef che riguarda solo una parte dei contribuenti. Ogni misura, in ogni caso, sarà una tantum, e dovrà essere coperta, spiegano al ministero dell'Economia, con nuove entrate, anche queste straordinarie. A conferma che nel bilancio pubblico, oggi, non esistono spazi di manovra. Al di là della flessibilità del Patto di Stabilità europeo, si dice a via XX settembre, il problema italiano resta quello del debito pubblico, per cui anche uno scivolamento congiunturale del deficit pubblico, che l'ingrosserebbe, "sarebbe criminale ". Anche l'intervento a favore delle imprese sarà neutro per i conti pubblici. La sottoscrizione da parte del governo di obbligazioni delle banche, per rafforzarle patrimonialmente e permettere loro di concedere un maggior volume di finanziamenti alle imprese, si configura come un prestito e non incide sul deficit. Accanto a questo meccanismo, per aiutare le imprese, il governo sta valutando alcune modifiche al regime Iva (da pagare all'incasso e non dopo l'emissione della fattura) e l'accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, la ricapitalizzazione dei consorzi fidi, nuovi fondi per gli ammortizzatori sociali, la probabile conferma (che aiuterebbe anche i lavoratori) della detassazione dei premi e degli straordinari per il 2009. C'è poi l'incognita del settore auto, in crisi: in Europa si sollecitano misure coordinate e non si escludono aiuti diretti o incentivi alla rottamazione. Per il governo, tuttavia, lo stimolo maggiore per rispondere alla crisi arriverà dalla domanda pubblica. Gli investimenti del Cipe, ma anche un nuovo meccanismo per utilizzare subito gli oltre 50 miliardi del Fondo per le aree sottosviluppate, e nuove norme per costringere i concessionari delle autostrade ad investire nella manutenzione delle reti. È da lì che arriva il grosso degli 80 miliardi di interventi di cui ha parlato il governo, e che lasciano perplessi i sindacati. "Gran parte di quelle risorse già c'erano e vorremmo capire quali sono quelle nuove. Se non ci sono si trovino perché la profondità e la durata della crisi dipendono dalla capacità dei singoli governi di affrontarla. È una crisi eccezionale e servono misure e strumenti eccezionali" sostiene il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, chiedendo al governo di essere convocato per discutere le misure nel dettaglio. "Mi aspetto la convocazione, ma questa volta dice Epifani - non solo un minuto prima del Consiglio dei ministri". Mario Sensini 18 novembre 2008
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito http://www.repubblica.it/2008-11-07
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito http://www.unita.it2008-11-07
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito http://www.ilsole24ore.com2008-11-18 Acconto Irpef ridotto al 97% con il piano italiano anti-crisi di Dino Pesole 18 novembre 2008 EDITORIALE Il mancato esempio dell'Europa al G-20 di Carlo Bastasin VISTI DA LONTANO / Piano da 80 miliardi: esperti all'attacco (FT) (di Elysa fazzino) Spunta la Cig anche per i precari Cdp mette in moto gli investimenti INTERVENTO Un sostegno pubblico all'"autostrada" del futuro di Corrado Calabrò * Bertoluzzo (Vodafone): "Italia a banda larga in tre anni" Corte dei Conti: "Il federalismo può far crescere la pressione fiscale" Un pacchetto fiscale che, secondo le ultime indicazioni, vale complessivamente dai 3 ai 4 miliardi, con l'obiettivo di immettere un minimo di liquidità a beneficio delle imprese e dei redditi medio-bassi. Le compatibilità di bilancio al momento sembrano non aprire spazi ulteriori, anche se i tecnici dell'Economia stanno scandagliando tutti i possibili margini a disposizione, utilizzando pure, se necessario, un paio di decimali di deficit in più, che comunque consentirebbero di restare al di sotto del limite massimo del 3 per cento. Il tutto fa parte del maxi-piano da 80 miliardi, oltre 5 punti di Pil (per gran parte già stanziati), annunciato due giorni fa dal premier Silvio Berlusconi e dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine del G20 di Washington. Per la parte fiscale, al primo punto del decreto che sarà varato alla fine della settimana (o al massimo all'inizio della prossima) compare la probabile riduzione di due, tre punti dell'acconto Irpef e Ires di fine novembre, che scade il 1° dicembre poiché il termine naturale del 30 novembre quest'anno coincide con una domenica. In tal modo l'acconto Irpef passerebbe dal 99 al 96-97%, quello Ires dal 100% al 97 per cento. Beneficio temporaneo, poiché comunque poi occorrerebbe riallineare il versamento nel saldo di giugno, ma che offrirebbe soprattutto alle imprese un po' di ossigeno per far fronte alla caduta di liquidità imposta dalla contrazione del credito da parte delle banche. La valutazione del costo è strettamente connessa all'estensione o meno dello sconto a tutti i contribuenti. Se si decidesse di restringere la platea in ragione del reddito, si potrebbe puntare anche a una riduzione più consistente dell'acconto (attorno al 95%). L'intendimento del Governo resta quello di concentrare il più possibile il beneficio sui redditi medio bassi, nell'auspicio che la maggiore disponibilità di denaro si traduca in una, sia pur minima, espansione dei consumi. Attualmente si versa tutto a novembre se l'acconto complessivo (99%) è inferiore a 257,52 euro, mentre si paga in due tranche (40% a giugno e 60% entro il 1° dicembre), se l'acconto totale (99%) è pari o superiore a 257,52 euro. A beneficiare del rinvio sarebbero in particolare le imprese. Quanto alle famiglie, si ragiona su un bonus fiscale di fine anno, una sorta di una tantum per i redditi fino a 25mila euro. Per le famiglie numerose è al vaglio anche un prestito di 5mila euro per ogni nuovo nato da restituire in 4-5 anni con un tasso agevolato. Ulteriori misure per le famiglie sono previste da altri provvedimenti già in cantiere. Tra questi, sconti sulle bollette del gas per i meno abbienti e la carta prepagata da 40 euro per 1,3 milioni di cittadini prevista dalla manovra d'estate, che partirà in dicembre. In linea con quanto già annunciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (la misura è nel programma di governo), il pacchetto di misure allo studio prevede anche il possibile spostamento del versamento Iva dal momento dell'emissione della fattura a quello dell'incasso effettivo. L'altro fronte riguarda l'Irap, ma anche in questo caso l'incognita maggiore è quella dei costi. Si sta studiando un meccanismo, il più possibile indolore per i conti pubblici, che consenta una prima, parziale deducibilità del tributo ai fini delle imposte dirette Irpef e Ires. Meccanismo che potrebbe al tempo stesso prevenire gli effetti della sentenza cui sarà chiamata la Corte costituzionale (per ora il pronunciamento è stato rinviato), proprio sui profili di costituzionalità della norma Irap che vieta la deducibilità. Quanto alla detassazione degli straordinari al 10%, la proroga è già stata annunciata dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Le risorse a disposizione appaiono esigue, e il ministro Tremonti resta comunque contrario a "forzare" il limite massimo del 3% nel rapporto deficit-Pil. Sarebbe "tollerato" da Bruxelles, ma gli effetti potrebbero essere ben più pesanti a causa dell'alto debito pubblico, il più alto in Europa.
IL PACCHETTO FISCALE ACCONTI LIGHT PER L'IRPEF Per rilanciare i consumi natalizi il Governo sta pensando a ridurre di 2-3 punti l'acconto di Irpef da pagare a fine novembre (oggi pari al 99% di quanto pagato l'anno prima). La stessa misura potrebbe essere estesa anche all'Ires CONFERMA DELLA SOCIAL CARD Oltre a un ampliamento dei beni acquistabili a prezzi scontati tramite la social card per gli anziani, le famiglie potrebbero beneficiare anche di un bonus da 5mila euro (restituibili al tasso del 4%) per ogni nuovo nato DEDUCIBILITÀ IRAP PIÙ ESTESA Altra novità per imprese e lavoratori autonomi sarebbe rappresentata dalla possibilità di dedurre ai fini Ires il costo del lavoro già considerato imputabile ai fini dell'Irap PAGAMENTO IVA PER CASSA Altra misura a beneficio dei lavoratori autonomi è il pagamento dell'Iva per cassa, cioè non più quando si emette la fattura ma quando viene incassato il corrispettivo pattuito RISORSE PER CRISI D'AZIENDA Allo studio dell'Esecutivo anche la possibilità di rimpinguare le risorse destinate al finanziamento di cassa integrazione (magari estesa ai precari) e indennità di disoccupazione STRAORDINARI PIÙ LEGGERI Conferma in vista per la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività. Da valutare l'ipotesi di estendere la misura al pubblico impiego o di alzare il tetto di reddito ammesso
Sconti fiscali per 4 miliardi nel piano italiano anti-crisi di Dino Pesole 18 novembre 2008 VISTI DA LONTANO / Piano da 80 miliardi: esperti all'attacco (FT) (di Elysa fazzino) Spunta la Cig anche per i precari Cdp mette in moto gli investimenti INTERVENTO Un sostegno pubblico all'"autostrada" del futuro di Corrado Calabrò * Bertoluzzo (Vodafone): "Italia a banda larga in tre anni" Corte dei Conti: "Il federalismo può far crescere la pressione fiscale" Un pacchetto fiscale che, secondo le ultime indicazioni, vale complessivamente dai 3 ai 4 miliardi, con l'obiettivo di immettere un minimo di liquidità a beneficio delle imprese e dei redditi medio-bassi. Le compatibilità di bilancio al momento sembrano non aprire spazi ulteriori, anche se i tecnici dell'Economia stanno scandagliando tutti i possibili margini a disposizione, utilizzando pure, se necessario, un paio di decimali di deficit in più, che comunque consentirebbero di restare al di sotto del limite massimo del 3 per cento. Il tutto fa parte del maxi-piano da 80 miliardi, oltre 5 punti di Pil (per gran parte già stanziati), annunciato due giorni fa dal premier Silvio Berlusconi e dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine del G20 di Washington. Per la parte fiscale, al primo punto del decreto che sarà varato alla fine della settimana (o al massimo all'inizio della prossima) compare la probabile riduzione di due, tre punti dell'acconto Irpef e Ires di fine novembre, che scade il 1° dicembre poiché il termine naturale del 30 novembre quest'anno coincide con una domenica. In tal modo l'acconto Irpef passerebbe dal 99 al 96-97%, quello Ires dal 100% al 97 per cento. Beneficio temporaneo, poiché comunque poi occorrerebbe riallineare il versamento nel saldo di giugno, ma che offrirebbe soprattutto alle imprese un po' di ossigeno per far fronte alla caduta di liquidità imposta dalla contrazione del credito da parte delle banche. La valutazione del costo è strettamente connessa all'estensione o meno dello sconto a tutti i contribuenti. Se si decidesse di restringere la platea in ragione del reddito, si potrebbe puntare anche a una riduzione più consistente dell'acconto (attorno al 95%). L'intendimento del Governo resta quello di concentrare il più possibile il beneficio sui redditi medio bassi, nell'auspicio che la maggiore disponibilità di denaro si traduca in una, sia pur minima, espansione dei consumi. Attualmente si versa tutto a novembre se l'acconto complessivo (99%) è inferiore a 257,52 euro, mentre si paga in due tranche (40% a giugno e 60% entro il 1° dicembre), se l'acconto totale (99%) è pari o superiore a 257,52 euro. A beneficiare del rinvio sarebbero in particolare le imprese. Quanto alle famiglie, si ragiona su un bonus fiscale di fine anno, una sorta di una tantum per i redditi fino a 25mila euro. Per le famiglie numerose è al vaglio anche un prestito di 5mila euro per ogni nuovo nato da restituire in 4-5 anni con un tasso agevolato. Ulteriori misure per le famiglie sono previste da altri provvedimenti già in cantiere. Tra questi, sconti sulle bollette del gas per i meno abbienti e la carta prepagata da 40 euro per 1,3 milioni di cittadini prevista dalla manovra d'estate, che partirà in dicembre. In linea con quanto già annunciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (la misura è nel programma di governo), il pacchetto di misure allo studio prevede anche il possibile spostamento del versamento Iva dal momento dell'emissione della fattura a quello dell'incasso effettivo. L'altro fronte riguarda l'Irap, ma anche in questo caso l'incognita maggiore è quella dei costi. Si sta studiando un meccanismo, il più possibile indolore per i conti pubblici, che consenta una prima, parziale deducibilità del tributo ai fini delle imposte dirette Irpef e Ires. Meccanismo che potrebbe al tempo stesso prevenire gli effetti della sentenza cui sarà chiamata la Corte costituzionale (per ora il pronunciamento è stato rinviato), proprio sui profili di costituzionalità della norma Irap che vieta la deducibilità. Quanto alla detassazione degli straordinari al 10%, la proroga è già stata annunciata dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Le risorse a disposizione appaiono esigue, e il ministro Tremonti resta comunque contrario a "forzare" il limite massimo del 3% nel rapporto deficit-Pil. Sarebbe "tollerato" da Bruxelles, ma gli effetti potrebbero essere ben più pesanti a causa dell'alto debito pubblico, il più alto in Europa.
Piano da 80 miliardi: esperti all'attacco (FT) di Elysa Fazzino 18 novembre 2008 Attirano l'attenzione all'estero le critiche al piano da 80 miliardi di euro annunciato da Silvio Berlusconi per rilanciare l'economia. Ci fa un servizio il Financial Times, che sul suo sito varia i titoli: il pacchetto italiano è ora "attaccato", ora "criticato". Secondo l'articolo, firmato da Guy Dinmore da Roma e Vincent Boland da Milano, economisti e investitori non sono rimasti impressionati dalle grandi linee del piano.
Al vertice del G20, le dichiarazioni di Berlusconi e del ministro dell'economia Giulio Tremonti "sembravano avere dato sostanza alla riunione e hanno catturato i titoli" dei media italiani. Ma con l'emergere di alcuni dettagli, "economisti indipendenti si sono trovati d'accordo con i politici dell'opposizione che hanno accusato il governo di centro-destra di avere riconfezionato vecchi stanziamenti" non appena l'Italia è entrata ufficialmente in recessione. Il Financial Times cita Pierluigi Bersani, che ha accusato il governo di "spostare carri armati di cartone per la parata", affermando che parlano "di risorse già stanziate, anzi meno di quanto già c'era". Degli 80 miliardi di euro sintetizza il quotidiano economico britannico - la metà erano stati assegnati dall'Unione europea su un arco di tre anni per l'ambiente, la ricerca e lo sviluppo. Separatamente, 16 miliardi saranno ridiretti verso la spesa infrastrutturale, con 12 miliardi provenienti dall'Ue e 4 miliardi dal project financing. Tra i progetti speciali, ricorda il Financial Times, c'è il ponte sullo Stretto di Messina. Il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha chiarito che fondi destinati a migliaia di piccoli interventi saranno compattati e destinati a pochi grandi interventi. Altri 14 miliardi, secondo quanto si riferisce, andranno al sostegno delle banche, delle famiglie a basso reddito e di sgravi fiscali. Tra gli esperti, il Financial Times cita Fabio Pammolli, direttore del Cerm, secondo il quale "si tratta per lo più di vecchi soldi riconfezionati, ma il nuovo orientamento di spesa sulle infrastrutture potrebbe essere utile". Banche in attesa Si parla anche delle banche. Sotto un titolo dedicato agli "attacchi" degli esperti si cita l'economista Marco Valli di Unicredit, che ha fatto sapere di non avere rivisto le previsioni economiche in attesa di ulteriori dettagli e ha invitato alla cautela poiché, visti gli alti livello di debito dell'Italia, "non ci si può permettere" un pacchetto da 80 miliardi. "Vista la carenza di dettagli, gli analisti non sono sicuri della somma totale che il governo intende mettere a disposizione per ricapitalizzare le banche", scrive il Financial Times. Le banche italiane, che prima hanno gettato acqua fredda sull'idea si legge sul sito - ora ritengono che hanno bisogno di soldi extra e che "la fonte più affidabile è il governo". Intesa SanPaolo e Monte dei Paschi di Siena, ricorda il quotidiano, hanno detto che avrebbero preso in considerazione la possibilità di accettare un'offerta di capitale da parte dello Stato. "Altri certamente seguiranno", scrive il Financial Times, sottolineando che secondo gli analisti le banche italiane sono sottocapitalizzate rispetto alle altre europee. A Milano alcuni banchieri avevano detto questo mese ricorda il Financial Times in uno dei pezzi che si possono leggere sul sito che si aspettavano un pacchetto statale di aiuti di 30 miliardi di euro in tutto. Ciò riguardava tutto il settore finanziario e "comprendeva un eventuale finanziamento d'emergenza, che nessuna banca italiana ha chiesto". "Un pacchetto iniziale scrive il FT - probabilmente inviterebbe le principali banche italiane ad attingere a un "fondo" di 15-20 miliardi di euro". Tra i siti dei media francesi, anche il Nouvel Observateur ha un titolo sulle critiche suscitate dal piano. "L'importo del piano di sostegno fa polemica", titola il giornale, partendo dalla denuncia dell'opposizione e in particolare di Bersani: "Sono in gran parte fondi già stanziati". Tra gli economisti, si cita Tito Boeri, che ha parlato di "bluff" e "finanza creativa".
Neutro il titolo di Le Monde: "80 miliardi di euro per rilanciare l'economia italiana attraverso grandi opere". Entrata ufficialmente in recessione, scrive Philippe Ridet, l'Italia ha annunciato un piano d'azione pari al 5% del Pil. "Comprende misure già annunciate per la ricapitalizzazione delle banche", scrive il corrispondente, che illustra le varie cifre finora uscite e osserva: "L'annuncio del piano spezza l'attendismo - denunciato dal centro-sinistra - finora manifestato dai dirigenti italiani". All'inizio della crisi, ricorda le Monde, Berlusconi, con un tono decisamente ottimista, si era dedicato a rassicurare gli investitori, spiegando che il sistema bancario italiano era al riparo da ogni fallimento. Tremonti, che a fine estate aveva avvertito gli italiani che si tratta di una crisi più grave di quella del '29, aveva messo da parte le sue dichiarazioni "catastrofiche" per mettersi in sintonia con il presidente del Consiglio. "Ma se il sistema bancario ha tenuto, nonostante gli allarmi su Unicredit, ora sono arrivati i primi segni di rallentamento dell'economia". Le Monde cita il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, "Il peggio deve ancora venire", e la Confindustria, che prevede la recessione più lunga del dopoguerra.
Spunta la Cig anche per i precari di Nicoletta Picchio commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 18 novembre 2008 Nella manovra anti-crisi il Governo prenderà in considerazione anche misure per fronteggiare l'emergenza disoccupazione. La Finanziaria ha già aumentato da 450 a 600 milioni i fondi per gli ammortizzatori sociali nel 2009: 150 milioni destinati alla cosiddetta "cassa in deroga", cioè per quei lavoratori che non rientrano nella cassa integrazione ordinaria o straordinaria (aziende con meno di 15 dipendenti e lavoratori del terziario) più altri 20 per la Cigs di Malpensa. Il provvedimento che è allo studio dell'Esecutivo dovrebbe aggiungere qualcosa in più: al ministero del Welfare ci stanno lavorando in queste ore. Difficile prevedere gli effetti della crisi sull'economia reale e sulla disoccupazione: per capire le conseguenze più realistiche di questa fase di recessione, dicono al dicastero di via Veneto, bisognerà aspettare i primi mesi dell'anno prossimo. Ma intanto occorre avere finanziamenti e strumenti opportuni. E il Governo si sta attrezzando, individuando le figure che possono essere più a rischio. Secondo alcune indiscrezioni, in discussione, tra le varie ipotesi, c'è una misura per tutelare la figura dei collaboratori a progetto, in pratica gli ex co.co.co, con particolari caratteristiche: una mono-committenza lavorativa e determinati requisiti contributivi. Ma su questa scelta ci sono alcune riserve. Tutto si sta definendo in queste ore, compresi i soldi che saranno ritagliati all'interno degli 80 miliardi del piano del Governo (c'è chi ipotizza per questa voce un centinaio di milioni). Del resto, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, proprio in una intervista a questo giornale (si veda Il Sole 24 Ore del 14 novembre) aveva affermato, riferendosi agli ammortizzatori sociali, che "l'impatto sui bisogni deve essere rivolto soprattutto a coloro che perdono il posto di lavoro e non fruiscono di ammortizzatori sociali". Questa fascia di persone potrà "ricevere sussidi, che si dovranno integrare con voucher formativi o altri interventi per incrementarne le competenze, su iniziativa delle Regioni". Per affrontare questa emergenza, i cui numeri stanno diventando sempre più consistenti, il ministro Sacconi pensa ad una gestione centralizzata delle situazioni di crisi, con uno sportello unico tra i ministeri del Lavoro, Sviluppo ed Economia. Intanto con un emendamento al disegno di legge sul sommerso, al Senato, si dà facoltà agli enti bilateriali di utilizzare il fondo dei lavoratori interinali anche per ammortizzatori e sostegno al reddito. Sullo sfondo, resa sempre più urgente dai mutamenti del mercato del lavoro, c'è la riforma complessiva degli ammortizzatori sociali. Doveva essere il completamento della legge Biagi, approvata nel precedente Governo di centro-destra, e mai realizzata. Dovrebbe puntare ad uno strumento unico di sostegno al reddito e al reinserimento lavorativo di tutti i disoccupati, per arrivare ad un modello di flexsecurity.
IL SUSSIDIO I fondi Per i lavoratori che non rientrano nella cassa integrazione ordinaria o straordinaria la Finanziaria ha stanziato 150 milioni. Il Governo prepara un incremento Le figure da tutelare Allo studio una misura per tutelare i collaboratori a progetto con una mono-committenza lavorativa e determinati requisiti contributivi Gli strumenti Il ministro Maurizio Sacconi ha parlato di "sussidi che si dovranno integrare con voucher formativi"
Spunta la Cig anche per i precari di Nicoletta Picchio 18 novembre 2008 Nella manovra anti-crisi il Governo prenderà in considerazione anche misure per fronteggiare l'emergenza disoccupazione. La Finanziaria ha già aumentato da 450 a 600 milioni i fondi per gli ammortizzatori sociali nel 2009: 150 milioni destinati alla cosiddetta "cassa in deroga", cioè per quei lavoratori che non rientrano nella cassa integrazione ordinaria o straordinaria (aziende con meno di 15 dipendenti e lavoratori del terziario) più altri 20 per la Cigs di Malpensa. Il provvedimento che è allo studio dell'Esecutivo dovrebbe aggiungere qualcosa in più: al ministero del Welfare ci stanno lavorando in queste ore. Difficile prevedere gli effetti della crisi sull'economia reale e sulla disoccupazione: per capire le conseguenze più realistiche di questa fase di recessione, dicono al dicastero di via Veneto, bisognerà aspettare i primi mesi dell'anno prossimo. Ma intanto occorre avere finanziamenti e strumenti opportuni. E il Governo si sta attrezzando, individuando le figure che possono essere più a rischio. Secondo alcune indiscrezioni, in discussione, tra le varie ipotesi, c'è una misura per tutelare la figura dei collaboratori a progetto, in pratica gli ex co.co.co, con particolari caratteristiche: una mono-committenza lavorativa e determinati requisiti contributivi. Ma su questa scelta ci sono alcune riserve. Tutto si sta definendo in queste ore, compresi i soldi che saranno ritagliati all'interno degli 80 miliardi del piano del Governo (c'è chi ipotizza per questa voce un centinaio di milioni). Del resto, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, proprio in una intervista a questo giornale (si veda Il Sole 24 Ore del 14 novembre) aveva affermato, riferendosi agli ammortizzatori sociali, che "l'impatto sui bisogni deve essere rivolto soprattutto a coloro che perdono il posto di lavoro e non fruiscono di ammortizzatori sociali". Questa fascia di persone potrà "ricevere sussidi, che si dovranno integrare con voucher formativi o altri interventi per incrementarne le competenze, su iniziativa delle Regioni". Per affrontare questa emergenza, i cui numeri stanno diventando sempre più consistenti, il ministro Sacconi pensa ad una gestione centralizzata delle situazioni di crisi, con uno sportello unico tra i ministeri del Lavoro, Sviluppo ed Economia. Intanto con un emendamento al disegno di legge sul sommerso, al Senato, si dà facoltà agli enti bilateriali di utilizzare il fondo dei lavoratori interinali anche per ammortizzatori e sostegno al reddito. Sullo sfondo, resa sempre più urgente dai mutamenti del mercato del lavoro, c'è la riforma complessiva degli ammortizzatori sociali. Doveva essere il completamento della legge Biagi, approvata nel precedente Governo di centro-destra, e mai realizzata. Dovrebbe puntare ad uno strumento unico di sostegno al reddito e al reinserimento lavorativo di tutti i disoccupati, per arrivare ad un modello di flexsecurity.
IL SUSSIDIO I fondi Per i lavoratori che non rientrano nella cassa integrazione ordinaria o straordinaria la Finanziaria ha stanziato 150 milioni. Il Governo prepara un incremento Le figure da tutelare Allo studio una misura per tutelare i collaboratori a progetto con una mono-committenza lavorativa e determinati requisiti contributivi Gli strumenti Il ministro Maurizio Sacconi ha parlato di "sussidi che si dovranno integrare con voucher formativi"
Cdp mette in moto gli investimenti 18 novembre 2008 Grandi opere, infrastrutture strategiche e social housing: ripartirà da qui la nuova Cassa depositi e prestiti ridisegnata nei vertici e nella missione dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Tra breve saranno esaminati i primi dossier e non è escluso che, in una seconda fase, se ne possano aprire altri. Già nei mesi scorsi ha preso quota una corrente di pensiero che, tra le vecchie opzioni sul ruolo della Cdp, vorrebbe riportare d'attualità l'holding delle reti, con focus su energia e telecomunicazioni fino alla possibilità di acquisire una partecipazione nella rete di Telecom Italia. Un tema che di recente ha anche dominato il convegno con i protagonisti delle tlc organizzato a Capri (si veda "Il Sole-24 Ore" dell'11 ottobre). I tempi, tuttavia, non sembrano ancora maturi. Per Telecom Italia lo scorporo societario del network, da mesi tra le opzioni considerate dal management, resta una soluzione estrema e al tempo stesso dalla Cdp gettano acqua sul fuoco precisando che "il dossier della rete tlc non è allo studio dell'amministratore delegato". La figura dell'a.d. è stata appena istituita e affidata a Massimo Varazzani, plenipotenziario che nella sua agenda, secondo le prime indicazioni ancora non confermate dalla Cdp, avrebbe innanzitutto il piano casa e le grandi opere infrastrutturali con un modello di gestione che dovrebbe migrare dal vecchio modo di finanziare le infrastrutture (prevalentemente con mutui a enti locali e Regioni) a nuovi strumenti (fondi di private equity, fondi immobiliari, project financing). Le priorità, insomma sono altre, anche se l'idea di costruire nel Paese una grande "autostrada" a banda larga ha diversi ed influenti estimatori. Tra gli altri anche il neo presidente della stessa Cdp, Franco Bassanini, che domenica scorsa in un'intervista al Corriere della sera ha invocato l'impiego di capitali pubblici "per la trasformazione in fibra ottica dell'"ultimo miglio", la larghissima banda, che Telecom non è in grado di fare da sola". "Il modello Terna applicato alle tlc ha aggiunto ieri sarebbe efficace, con risorse della Cassa depositi e prestiti e con gli operatori che riversano in una nuova società le loro reti locali, da stimare e valutare, in cambio di partecipazioni azionarie". Poi, subito un fondamentale distinguo: "È una mia riflessione, ma a decidere gli investimenti della Cdp dovrà essere l'azionista, ascoltati anche gli operatori direttamente interessati". A partire da Telecom Italia: e qui la partita si complica, visto che l'a.d. Franco Bernabè vorrebbe continuare a battere altre strade per reperire risorse e considera lo scorporo una soluzione da adottare solo come ultima ratio, e comunque non al consiglio di amministrazione in programma il 2 dicembre. Resta il fatto che allo stato attuale una riedizione del piano Rovati con l'ingresso di soggetti pubblici nella rete, sul modello di Terna ha diversi supporter: oltre a Bassanini, le due Autorità di riferimento (Agcom e Antitrust), lo staff Comunicazioni del ministero dello Sviluppo, il presidente della Commissione Trasporti e Tlc della Camera Mario Valducci (Forza Italia). Un'altra ipotesi allo studio, alternativa a uno scorporo "traumatico" dell'intero network di Telecom, sarebbe quella di limitare l'intervento pubblico all'investimento sulla rete del futuro, quella di nuova generazione in fibra ottica, con la creazione di un consorzio o "società delle reti" aperto anche ai concorrenti. Telecomunicazioni a parte, per la Cdp è comunque l'ora di definire le priorità. Negli ultimi anni, il volume delle concessioni di prestiti agli enti locali è diminuito anche a fronte dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno. Comuni, Province e Regioni hanno dovuto fare di necessità virtù tagliando gli investimenti nelle infrastrutture. Intanto la Cdp grazie alla crescita della raccolta postale (oltre 90 miliardi) ha visto ingrossare il suo personale "tesoretto" nel conto corrente di Tesoreria. Non resta che individuare le aree strategiche di intervento, proprio mentre si aprono nuovi scenari. Nella versione del Ddl Sviluppo uscita dalla Camera c'è anche l'ipotesi per la Cassa depositi e prestiti, seppure con quote di minoranza, di entrare nella costituzione dei consorzi per lo sviluppo e l'utilizzo degli impianti nucleari, che saranno formati da produttori di energia e da industriali "utilizzatori intensi" di elettricità. c.fotina@ilsole24ore.com
Un sostegno pubblico all'"autostrada" del futuro di Corrado Calabrò * 18 novembre 2008 "Larga banda per tutti": l'annuncio è di Barack Obama. Può sorprendere che mentre l'attenzione generale è concentrata sul presente per incalzanti interventi di salvataggio il neo-eletto presidente degli Stati Uniti iscriva tra le priorità del suo programma l'evoluzione del sistema delle comunicazioni. Io mi sorprendo che ci si sorprenda. La crisi finanziaria che sta devastando il mondo dimostra come la connessione tra finanza ed economia reale sia vitale ed imprescindibile. Nel momento in cui vengono affannosamente puntellate le istituzioni finanziarie è giusto pensare anche a come rimettere in carreggiata l'economia portante. E in epoca di globalizzazione bisogna farlo guardando anche alla competizione tra Stati. Paesi ad economia dirigistica come la Corea, il Giappone, la Cina hanno avviato imponenti programmi statali di infrastrutturazione del Paese con fibra ottica, tali da consentire velocità sui 100 megabit. In Francia la Cassa Depositi e Prestiti svolgerà un ruolo importante nel finanziamento delle reti di nuova generazione. Adesso scendono in campo gli Stati Uniti ponendo come obiettivo primario la rigenerazione della loro rete di comunicazione. Lo sviluppo di un Paese arriva presto al capolinea senza infrastrutture; nell'Italia delle occasioni perdute ancor più che altrove. Finora questa sottoinfrastrutturazione non era avvertibile nel settore delle comunicazioni. Ma ormai il comparto non può essere più trainato dai tradizionali servizi voce che, sia nel fisso che nel mobile, hanno esaurito la loro spinta propulsiva. Anche il broadband tradizionale rischia di essere alle corde. Secondo tutte le stime internazionali (Oecd, Fondo Monetario Internazionale, Commissione europea) le comunicazioni hanno rappresentato e continuano a rappresentare la maggiore fonte di crescita dei Paesi avanzati, arrivando a influire per più della metà sull'incremento annuale del Pil. Se vogliamo far ripartire l'economia in maniera strutturale bisogna dunque pensare seriamente anche e direi soprattutto al settore delle comunicazioni. Ma mentre Obama dispiega la sintassi tecnologica del post-moderno, il Vecchio Continente appare titubante, prigioniero di un passato sul quale si allunga ancora l'ombra del monopolio. Da qui la stasi, e la scena di un mercato prigioniero dell'apparente dilemma: o concorrenza o investimenti. È un dilemma dal quale si può uscire se non ci si attesta su posizioni fondamentaliste. La concorrenza ha contribuito enormemente allo sviluppo dell'economia e alla diffusione del benessere. Ma quando diventa fine a se stessa, cioè un'esercizio autoreferenziale insofferente di regole "laiche", lascia campo aperto alla speculazione più spregiudicata. Le regole ci vogliono e devono essere il più possibile comuni all'interno di un insieme che aspira all'unità, qual è l'Unione europea. Nella sua bozza di raccomandazione sulle reti di nuova generazione la Commissione europea prevede un premio a chi si sobbarca il rischio dell'investimento. L'idea guida è da una parte niente rendite monopolistiche ma dall'altra nemmeno facili scorciatoie ai free riders che aspettino alla finestra in un comodo wait and see. La rete di nuova generazione è l'autostrada della comunicazione dei nostri tempi, l'infrastruttura in cui s'instrada il futuro del Paese. Quando c'è concorrenza fra infrastrutture (è questo il caso delle reti mobili in Italia) tocca al mercato addossarsi il peso degli investimenti. Ma i costi elevati per la realizzazione di una rete in fibra ottica (che resta nel lungo periodo il supporto insostituibile, ancorché integrabile con collegamenti wireless) appaiono al momento difficilmente sostenibili da singoli operatori. Ci si interroga quindi sul ruolo di altri investitori, istituzionali e non, e soprattutto della mano pubblica. In tutto il mondo compresi i Paesi vissuti e prosperati nel culto e nella pratica della deregulation la situazione di questi giorni sta facendo cadere molte prese di posizione antistataliste, preconcette o meno. Addirittura ora rischiamo di passare da un eccesso all'altro. Non vogliamo un ritorno allo Stato proprietario, allo Stato imprenditore. Ma dire no a questo ruolo dello Stato non significa dire no tout court a forme d'intervento pubblico. Come sono state realizzate le autostrade, le ferrovie, gli aeroporti, la rete ad alta tensione dell'energia elettrica? La stessa Arpa-Net, progenitore di internet, è nata negli anni 60 da un progetto finanziato dalla Defence Advanced Research Projects Agency, agenzia del ministero della Difesa statunitense. Voglio precisare che quando parlo d'intervento pubblico non penso soltanto allo Stato: Comuni, Regioni, Province possono inserirsi con grandi potenzialità nel progetto delle Ngn (next generation network). È così che in Europa, a livello metropolitano, si sono realizzate le prime infrastrutture di accesso completamente in fibra ottica, le cosiddette "munifibre": per prima Stoccolma, poi Rotterdam, Berlino, Amsterdam, Amburgo sono state cablate in questo modo. E se l'Unione europea vorrà concorrere all'impresa mediante un fondo per le infrastrutture, il suo intervento sarà benvenuto. Iniziative così eterogenee vanno coordinate. È questo un nuovo compito che aspetta le Autorità di regolazione. Non certo sostituirsi al Governo e alle Amministrazioni locali nel pianificare le iniziative ma garantire che l'intervento pubblico rispetti i principi fondanti del quadro comunitario: proporzionalità e necessità degli interventi, trasparenza e certezza delle regole. L'architettura delle reti potenzialmente oggetto di finanziamento pubblico deve essere effettivamente aperta. Questo permetterà di distinguere bene il ruolo di chi fornisce l'infrastruttura da quello di chi fornisce i servizi, che deve invece operare in regime di piena concorrenza. Credo che chiunque concordi che se l'Italia fra dieci anni non avrà un'architettura portante in fibra ottica gran parte del Paese verrà a trovarsi alla periferia di un'Europa dove tutti i servizi e l'interazione fra Stato e cittadini passeranno per la rete. Per realizzare un progetto infrastrutturale di tale portata serve un concreto piano di azione oggi. È questo che intendo quando insisto sull'idea di un grande progetto nazionale di "fiber Nation". (*) Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
Bertoluzzo (Vodafone): "Italia a banda larga in tre anni" di Giovanni Vegezzi 18 novembre 2008 Vodafone punta sull'evoluzione della terza generazione dei cellulari per superare in tre anni il digital divide in Italia. Ieri, durante un incontro alla presenza dell'a.d. della filiale italiana del gruppo, Paolo Bertoluzzo e del sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, Vodafone ha presentato il nuovo servizio di banda larga mobile da 14,4 megabit al secondo che sarà lanciato sul mercato dalla primavera del 2009. Questa tecnologia servirà sia a fornire un servizio più completo ai clienti, sia a dare la concreta possibilità di ridurre il problema dell'accesso a internet in molte zone della Penisola. Attualmente infatti l'8% della popolazione italiana risulta priva di connettività Dsl. "Un utile contributo a ridurre questo divario può arrivare dalle potenzialità offerte dalle infrastrutture di accesso radio, eventualmente anche condividendole tra operatori ha dichiarato Paolo Bertoluzzo . In 3 anni, con un investimento stimabile in meno di 500 milioni, sarebbe possibile ridurre all'1% la popolazione non raggiunta dalla banda larga". L'a.d. di Vodafone Italia ha ribadito inoltre l'impegno dell'azienda nella crescita dell'internet mobile: "Per dimostrare concretamente le possibilità di questo progetto, Vodafone si impegna nel 2009 a coprire un comune in digital divide ogni mese in una regione diversa". La tecnologia presentata ieri (Hsdpa) è il primo passo nell'evoluzione che porterà entro il 2012 verso una telefonia mobile di quarta generazione, a cui Vodafone sta già lavorando in via sperimentale in Cina e Stati Uniti. La banda larga mobile "è un progetto che si sta formando a una velocità pazzesca", ha detto il sottosegretario Paolo Romani, ricordando le "importanti risorse pubbliche messe in campo: complessivamente (per fisso e mobile) un miliardo di euro nei prossimi tre anni". Romani inoltre si è pronunciato sull'asta per l'assegnazione di nuove frequenze Umts di telefonia mobile: "Ci stiamo lavorando, dovrebbe essere pronta in un paio di mesi, dopo Natale". Le frequenze, assegnate in un primo tempo all'operatore Ipse 2000 e poi tornate allo Stato interessano molto a Paolo Bertoluzzo: "Ora è una delle partite più importanti" ha detto l'a.d. di Vodafone Italia che si augura: "Spero che vengano premiati gli impegni di chi vorrà utilizzare concretamente tali frequenze anche per superare il digital divide".
Infrastrutture, nove grandi opere di "serie A" di Alessandro Arona 18 novembre 2008 Matteoli: urgente il corridoio tirrenico Pedaggi, il Governo studia una riforma soft Così le infrastrutture tornano prioritarie nell'agenda politica È fatto di due capitoli ben distinti il piano per le grandi opere da 16,6 miliardi di euro annunciato in questi giorni dal ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, e che farebbe parte del "pacchetto" da 80 miliardi di cui ha parlato il premier Berlusconi sabato al G20. Da una parte nuovi finanziamenti statali per 7,368 miliardi, nella riprogrammazione dei fondi Fas decisa dalla manovra estiva (Dl 112), che in tutto ammonta a 12,7 miliardi: l'85% dei fondi andrà al Sud, con priorità all'autostrada Salerno-Reggio e al Ponte sullo Stretto. Dall'altra una serie di opere autostradali, in gran parte con risorse private, con piani finanziari già definiti nel 2007, di cui Matteoli prevede di approvare nei prossimi mesi i progetti definitivi e poi avviare i cantieri. Tra queste la Brebemi e la Pedemontana Lombarda. Solo il primo pacchetto da 7,3 miliardi, dunque, contiene nuove risorse, mentre nel secondo caso il ministro Matteoli ha definito una lista di interventi prioritari su cui accelerare. Il primo appuntamento sarà venerdì prossimo, il 21 novembre, al Cipe. Il Comitato interministeriale si occuperà soltanto del Fas, mentre non ci sarà nessuna delibera sulle autostrade. Neppure sul Fas, comunque, il Cipe approverà per ora elenchi di opere. L'obiettivo del provvedimento è riprogrammare i fondi Fas 2007-2013, che già il Governo Prodi aveva ripartito il 21 dicembre 2007, concentrandoli su opere di valore strategico, e aumentando la quota per infrastrutture di trasporto, energia e telecomunicazione. La delibera conterrà la quantificazione dei fondi da riprogrammare, 12,7 miliardi, e la ripartizione per capitoli: 7,368 miliardi alle infrastrutture di trasporto, 2,0 miliardi per le bonifiche, il resto per industria, energia, tlc (si veda "Il Sole 24 Ore" del 15 novembre). In totale le risorse Fas (statali e regionali) sono state ridotte da vari provvedimenti di questo Governo dai precedenti 63,3 a 52,8 miliardi. Per i trasporti, il Governo fa salire i fondi 2007-2013 (parte nazionale) dai 4,8 miliardi a ciò destinati nel dicembre 2007, ai 7,368 del 21 novembre, 2,5 miliardi in più. Dovrebbero restare più o meno invariati gli altri 4,8 miliardi Fas per i trasporti gestiti direttamente dalle Regioni (sempre all'85% al Sud). Sulla quota regionale, peraltro, pari in origine a 23,6 miliardi su 63,3, il Cipe di venerdì definirà una riduzione di 1,2/1,3 miliardi. La delibera dunque non conterrà per ora scelte sulle opere, ma fisserà il termine di 60 giorni, per i ministeri competenti, per portare al Cipe successive delibere di ripartizione. Per i trasporti sono previsti incontri preparatori con le Regioni, ma tra le opere ci sarà sicuramente l'autostrada Salerno-Reggio, a cui andranno i 2,7 miliardi necessari per ammodernare gli ultimi 60 chilometri, su 430. Ci sarà poi il Ponte sullo Stretto, a cui servono 2,2 miliardi di fondi pubblici, di cui 0,7 saranno anticipati nel 2009 con i fondi Fas per acquisire le aree. E sicuramente anche i 265 milioni che mancano per appaltare subito il macrolotto 3 della superstrada Jonica (1,2 miliardi). Prioritaria anche la ferrovia Messina-Catania, tratta Giampilieri-Fiumefreddo, a cui mancano però 1.970 milioni, una cifra che non lascerebbe più molto per altre opere, e che dunque potrebbe essere divisa in lotti. Con la quota Fas riservata al Centro-Nord, 1,1 miliardi, sarà finanziato il Mose di Venezia, per una parte degli 1,8 miliardi mancanti. Non molto altro resterà da finanziare, e non troverà per ora risposta il nodo dei 2,8 miliardi per le opere dell'Expo 2015, né le tratte ad alta capacità Milano-Padova e Terzo Valico, né il Brennero e la Torino-Lione. Per il nord c'è invece il secondo pacchetto, le opere autostradali. Si tratta comunque di interventi ben noti e già finanziati, in gran parte con risorse private, nel 2007 (si veda la tabella). Per Brebemi e Pedemontana il ministro Matteoli conta comunque di portare al Cipe nei prossimi mesi i progetti definitivi. Anche la Parma-La Spezia e le nuove tratte della Brescia-Padova Spa, che Matteoli prevede di sbloccare nel 2009, sono opere dei piani finanziari 2007 (approvati con legge a fine maggio). Il ministro Matteoli ha ricordato in questi giorni che per le grandi infrastrutture mancano sempre all'appello i 14 miliardi di fondi statali, in tre anni, che aveva chiesto nel Dpef di luglio; ma ha precisato che "vanno reperiti anche in 10-15 anni".
2008-11-17 Banche, Pmi, famiglie, sviluppo nel piano da 80 miliardi per l'Italia di Davide Colombo 16 novembre 2008 Un piano d'azione da 80 miliardi per scongiurare il blocco dell'economia italiana, che al passaggio d'anno è stimata in recessione, con una prospettiva di perdita di valore aggiunto sul prodotto interno pari all'1% nel 2009. Gli interventi annunciati a Washington dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dovrebbero vedere la luce questa settimana con uno o più decreti legge. Si partirà con le misure per la ricapitalizzazione delle banche per poi proseguire con le altre misure destinate al rilancio delle domanda attraverso investimenti pubblici, un pacchetto di incentivi per ridare spinta agli investimenti privati e infine gli aiuti alle famiglie con reddito più basso. Insomma, un maxi-piano espansivo che potrebbe invertire il ciclo già dal secondo semestre del prossimo anno. Cipe. Venerdì 21 novembre, questa è l'unica data indicata come certa, in una riunione straordinaria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) verranno definiti i criteri di ripartizione di finanziamenti per 16 miliardi. In larga parte si tratta di fondi già appostati e di finanziamenti europei, per circa 12 miliardi, mentre altri 4 miliardi verranno mobilizzati su progetti con partecipazione pubblico-privati, con il modello del project financing. Il Cipe pianificherà anche l'utilizzo di fondi Ue già stanziati e che proiettano su tre anni una cifra stimabile in 40 miliardi per ambiente, ricerca e sviluppo. "Pensiamo di ristrutturare le tariffe autostradali in modo da modificare in meglio il sistema che c'è stato finora per cui aumentavano le tariffe anche se non si facevano gli investimenti. E poi- ha detto Tremonti - magari le aziende facevano i dividendi. Stimiamo che con questo accordo con le compagnie autostradali si mobilitino almeno 10 miliardi di euro, ma pensiamo di più". Pmi e famiglie. Tra gli altri interventi che formano il piano complessivo Tremonti ha citato "interventi per la fiscalità delle imprese", come la possibilità di pagare l'Iva per cassa e la proroga dei premi di produttività, mentre la proroga della detassazione (al 10%) degli straordinari era già stata confermata nei giorni scorsi dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Per le famiglie il ministro ha parlato di uno stanziamento "non piccolo ma che ancora deve essere definito, in una logica di riduzione della tensione che c'è in questa fase". Banche. Riguardo agli interventi per la ricapitalizzazione delle banche e finalizzato a riattivare gli impieghi verso aziende e famiglie, Tremonti ha confermato che i tempi saranno molto brevi e, anche in questo caso, ha parlato di un decreto. "Stiamo finalizzando la procedura per riaprire il canale di finanziamento alle imprese. Dobbiamo fare un provvedimento per evitare la riduzione e la restrizione del credito. Non è per le banche è per le imprese", ha detto. "Stiamo definendo i tempi tecnici - ha aggiunto il responsabile del dicastero di via XX Settembre - e immaginiamo che ci sia un impegno da parte del sistema bancario non solo a mantenere ma ad ampliare il canale di finanziamento alle imprese. Il presidente Berlusconi ha parlato con il presidente dell'Abi che prefigura un crescente impegno su questo comparto". Poi Tremonti ha aggiunto che accanto a questi strumenti ci saranno anche "fidi e confidi e un sistema di garanzie che stiamo studiando". L'ipotesi di cui s'è parlato negli ultimi giorni prevedeva, su quest'ultimo fronte, l'attivazione di un fondo di garanzia per riassicurera il sistema del consorzi fidi delle associazioni industriali e artigiane per una valore compreso tra gli 800 milioni e il miliardo l'anno. L'impatto su deficit e debito. Il ministro dell'Economia, nel riassumere il piano anti-crisi, ha concluso che gli impegni finanziari complessivi saranno in linea con l'Europa e compatibili, per come sono articolati, con il deficit e il debito. "Non c'è un Paese europeo che abbia fatto interventi se non per le banche - ha insistito Tremonti - ma è un altro discorso. Noi non abbiamo avuto bisogno di interventi sul capitale delle banche e altri interventi non sono stati fatti". L'insieme delle misure avrà effetto sul debito lordo ma non sul netto, mentre l'impatto sul deficit sarà limitato. "Le obbligazioni per le imprese aumentano il debito lordo, ma non quello netto perché sono baciate - ha aggiunto il ministro -. E su altre voci che non sono così significative avremo da fare delle coperture, ma una cosa positiva della Commissione europea è che ammette la tecnica della copertura one off, (ovvero limitata a un intervento isolato). Se la spesa è one off la copertura è one off". Il ministro ha sottolineato più volte che l'impatto sul deficit sarà comunque limitato a solo una parte dei fondi messi in campo. "Una parte dei fondi sono già nei tendenziali, una parte sono privati e per la parte restante di quella spesa la copertura sarà one off", ha detto. Di questo si sta parlando in Europa: "È una delle discussioni che stiamo facendo, tutti i Paesi. Noi comunque non andiamo sopra il 3% (del rapporto deficit/Pil) ma ci ammettono a fronte di una spesa certamente one off anche una copertura dello stesso tipo che passa fuori dal 3%".
Due strade per il Paese senza perdere altro tempo di Alberto Alesina e Guido Tabellini commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 16 NOVEMBRE 2008 In una recessione normale, è sufficiente fare affidamento su una politica monetaria contro-ciclica e sugli stabilizzatori fiscali. Ma il 2009 sarà un anno molto difficile, perché la crisi coinvolge quasi tutto il mondo e rischia di prosciugare il flusso del credito all'economia.Per questo il G-20 ha sottolineato che tutti i Paesi devono impegnarsi a sostenere l'economia con un energico pacchetto fiscale. Per avere successo, i provvedimenti fiscali dovranno avere due caratteristiche. Primo, la velocità. Di solito passano mesi prima che un provvedimento fiscale si traduca in uno stimolo per l'economia. Ma il tempo stringe e siamo già in ritardo. Secondo, il sostegno immediato alla domanda aggregata non deve compromettere obiettivi strutturali di medio e lungo periodo. Non è facile cogliere entrambi gli obiettivi. Quali dovrebbero essere le principali linee di azione nel nostro Paese, per agire in coerenza con i propositi del G-20? Ieri il Governo ha preannunciato un piano da 80 miliardi. Innanzitutto, ora va introdotto un sistema di assicurazione contro la disoccupazione con regole uguali per tutti. In Italia i sussidi alla disoccupazione sono quasi uno strumento di politica industriale: si decide caso per caso chi aiutare e chi no. Risultato: meno del 20% dei disoccupati italiani percepisce un sussidio, contro circa l'80% in Germania, il 75% in Francia e il 90% nei Paesi scandinavi. Sicuramente la recessione causerà un aumento della disoccupazione, anche nel nostro Paese. I più a rischio sono i lavoratori precari che possono essere licenziati più facilmente, e che non hanno alcuna rete di protezione. Un'estensione della copertura dei sussidi di disoccupazione sosterrebbe la domanda aggregata in questo ciclo. Se disegnata in modo da non disincentivare la ricerca di un nuovo lavoro, la riforma faciliterebbe anche le ristrutturazioni aziendali tipiche delle recessioni, una distruzione creativa che aumenta la produttività del sistema. Il costo di un'estensione della copertura non sarebbe elevato. Soprattutto se l'estensione fosse accompagnata dalla cancellazione di cassa integrazione straordinaria, liste di mobilità e altri schemi ad hoc (si veda anche il libro di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, "Un nuovo contratto per tutti", Chiarelettere). In secondo luogo, bisognerebbe accelerare gli investimenti pubblici. Sappiamo quanto siano carenti le infrastrutture pubbliche italiane, e quanto sia difficile e lento ottenere le autorizzazioni per avviare i lavori. Questo è il momento di dare un forte impulso ad alcuni progetti strategici, seppur facendo attenzione a non spender a pioggia e a non alimentare la criminalità organizzata. Infine, la domanda di lavoro e gli investimenti delle imprese possono essere sostenuti anche con provvedimenti fiscali, ad esempio finalizzati a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro o il costo del debito. Vi è più di un modo di intervenire, la cosa importante è che i provvedimenti abbiano efficacia in tempi brevi e che coinvolgano la generalità delle imprese e non solo i gruppi più influenti. In momenti come questi, è forte la tentazione politica di fare regali a questa o quell'industria,o addirittura a singole imprese. L'industria automobilistica è particolarmente abile nella sua campagna lobbistica per farsi aiutare dai contribuenti, sia al di quà che al di là dell'Oceano. Ma perché l'auto sì e altri no? È probabile che i politici statunitensi cedano alle pressioni e finiscano per aiutare General Motors, anche se questa grande impresa americana oggi è in difficoltà soprattutto perché in passato non ha saputo ristrutturarsi. Ma non dobbiamo imitare gli errori altrui. Non c'è alcuna ragione per regalare soldi all'industria dell'auto o degli elettrodomestici, mentre tanti medi e piccoli imprenditori che operano in altri settori sono costretti a cavarsela da soli. Infine, non possiamo dimenticare che in Italia la politica fiscale ha un vincolo in più, rispetto ad altri Paesi. Per non abbandonare il percorso di rientro dal debito pubblico, i provvedimenti espansivi devono essere accompagnati da un controllo ferreo su altre voci di spesa e da interventi di segno opposto anche differiti nel tempo. Come abbiamo già sostenuto (Il Sole 24 Ore del 2 novembre scorso), le pensioni sono l'area su cui intervenire, in particolare innalzando l'etàdi pensionamento ed estendendo a tutti il metodo di calcolo pro-rata per il calcolo della pensione. Significa scalfire i cosiddetti "diritti acquisiti" di alcune categorie? Indubbiamente. Ma forse una crisi grave come questa può essere l'occasione perché anche nel dibattito politico italiano i diritti acquisiti siano chiamati con il loro vero nome, e cioè intollerabili privilegi.
Passa dal Cipe il Fondo per le infrastrutture da 13 miliardi di Carmine Fotina commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 15 Novembre 2008 Trasporti, energia, innovazione, tlc, aree industriali: questi i settori che si spartiranno il Fondo per le infrastrutture strategiche da 12,7 miliardi. Con la ripartizione, che sarà affidata al Cipe nella riunione di venerdì prossimo, scatterà il piano di rilancio degli investimenti a sostegno della domanda pubblica predisposto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e dal ministro dello Sviluppo Claudio Scajola anche in chiave anti-crisi. In tutto, il Cipe ripartirà risorse per poco meno di 16 miliardi, ma il piatto forte è costituito dai 12,7 miliardi del Fondo che fa capo al ministero dello Sviluppo. Ecco, secondo quanto risulta al Sole-24 Ore, come sarà distribuito il Fondo: 7,3 miliardi alle infrastrutture di trasporto (in prima fila il Ponte sullo Stretto e la Salerno-Reggio Calabria); 2 miliardi a un "Programma straordinario nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati"; poco meno di 1,8 miliardi per sostegni a investimenti nel Mezzogiorno finanziando nuovi contratti di sviluppo; 200 milioni al programma per l'innovazione "Industria 2015"; 800 milioni alla rete di telecomunicazione a banda larga; 700 milioni all'energia per favorire l'utilizzo di fonti rinnovabili e interventi per il risparmio energetico. In particolare, il piano per le bonifiche punta a riqualificare aree con elevati rischi sanitari ed ambientali per reindustrializzarle. Si tratta di un programma già definito nell'ambito della delibera Cipe del 21 dicembre 2007, con la riunione di venerdì il ministero vuole però accelerare la scelta dei siti. In lizza ci sono 54 aree industriali di interesse nazionale, 34 al Centro-Nord e 20 al Centro-Sud. Si va dalla zona Bagnoli-Coroglio, Napoli, a Gela e Priolo in Sicilia, da Sesto San Giovanni (Milano) a Cengio in Liguria. Preannunciati gli interventi per la banda larga (saranno emanati dei bandi di gara per coprire zone del Paese contrassegnate dal digital divide), per l'efficienza energetica e per "Industria 2015": i 200 milioni che sbloccherà il Cipe si aggiungeranno a risorse a valere su altri Fondi per un rifinaziamento complessivo da 1,1 miliardi (si veda "Il Sole-24 Ore" di ieri). Rappresenta una novità invece la dotazione da 1,8 miliardi per sostenere l'insediamento di nuovi investimenti produttivi al Sud, anche mediante programmazione negoziata. A fare da "pivot" di quest'operazione dovrebbe essere l'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa (ex Sviluppo Italia) secondo direttive emanate dal ministero dello Sviluppo. I 1.800 milioni che saranno riservati al Sud saranno però solo una parziale "consolazione" per le Regioni meridionali, più direttamente toccate dalla riprogrammazione del Quadro strategico nazionale 2007-2013 da cui è scaturito il Fondo infrastrutture da 12 miliardi e 770 milioni. I conti sono stati già fatti e i Governatori intendono discuterne con molta attenzione alla Conferenza straordinaria Stato-Regioni che precederà la riunione del Cipe. La manovra economica triennale ha stabilito la rimodulazione di una parte del Quadro strategico nazionale 2007-2013, il grande contenitore (122 miliardi di euro poi ridotti a 112) che ospita fondi strutturali, confinaziamento nazionale e Fondo aree sottoutilizzate. Questa operazione ha accentrato presso il ministero dello Sviluppo economico 12 miliardi e 774 milioni reperendone oltre l'89% da risorse destinate al Mezzogiorno. Ecco, nel dettaglio, da dove proviene il Fondo infrastrutture strategiche di Scajola: 10,9 miliardi da Programmi nazionali per il Sud, 543 milioni da Progetti speciali per il Sud; 1,3 miliardi da Programmi nazionali destinati al Centro-Nord. È, intanto, in via di definizione anche l'intervento per offrire nuove garanzie per il credito alle piccole e medie imprese. Nel Dl-banche sarà esteso anche all'artigianato il Fondo già operativo per le Pmi: funzionerà soprattutto da garanzia di secondo livello a protezione dei Confidi. Per questi ultimi (oggi ce ne sono circa 900), scatterà un'operazione di razionalizzazione e potenziamento che coinvolgerà anche Unioncamere. Il fondo avrà una dotazione di 600 milioni, dei quali circa 450 milioni di rifinanziamento. Scajola punta poi ad estendere il raggio di azione del Fondo di garanzia anche a operazioni finalizzate alla capitalizzazione delle imprese. Il rilancio degli investimenti PROGRAMMI COMUNITARI E FAS 112,2 miliardi - Qsn 2007-2013 Il nuovo valore, frutto di un taglio di 10,5 miliardi del Fas (il valore iniziale era di 122,7 miliardi). All'interno del Qsn, il Fas prima pesava per 63,3 miliardi; dopo i recenti tagli vale 52,8 miliardi§ 3 miliardi - Progetto obiettivi di servizio Salvaguardata la dote da 3 miliardi per il raggiungimento di determinati obiettivi di servizio. Il valore dei programmi del Qsn è calato del 6,3% al Centro-Nord e del 5,1% al Sud 4,1 miliardi - Fas in Sicilia È il valore del Programma Fas regionale più alto, anche dopo la rimodulazione stabilita dalla manovra economica. Al secondo posto la Campania con 3,9 miliardi. Segue la Puglia con 3,1 miliardi
Confidustria: è la recessione più lunga dal dopoguerra commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 15 novembre 2008 L'analisi del Centro Studi Confindustria Istat: nel terzo trimestre, Pil in calo dello 0,5% Urgente dare segnali per minimizzare la gravità e la durata del ciclo di Fabio Pammolli e Nicola C. Salerno , Cerm Eurolandia in recessione: cosa farà l'Eurogroup? di Antonio Pollio Salimbeni Il Centro Studi di Confindustria rivede al ribasso le previsioni di crescita, con un Pil che quest'anno segnerà una riduzione dello 0,4% che diventerà ancora più profonda nel 2009, segnando una contrazione dell' 1%. Le precedenti stime, seppure negative, erano meno pessimiste: indicavano un Pil a -0,2% e -0,5% rispettivamente nel 2008 e nel 2009. È "la recessione più lunga dal dopoguerra", afferma Confindustria che sottolinea come sia anche la "più grave perché comune a tutte le maggiori economie industriali dentro e fuori dall'Unione Europea" con "segni preoccupanti di rallentamento dai Paesi emergenti".
Il comunicato del Centro Studi di Confindustria (Csc), sottolinea l'Ansa, argomenta le ragioni alla base delle proprie previsioni, sottolinea l'urgenza delle misure di rilancio dell'economia ed indica anche alcuni possibili interventi: maggiori investimenti, riduzione delle tasse per i cittadini a basso reddito e agevolazioni agli investimenti delle imprese. "Le nuove previsioni - spiega il Csc - sono dettate dalla caduta dell'attività produttiva nel secondo e terzo trimestre ben superiore a quanto atteso anche nelle analisi più pessimistiche. La contrazione interessa anche il terziario, oltre che il settore industriale".
Gli indicatori di previsione già segnalavano un accentuarsi della flessione dell'attività produttiva nel quarto trimestre del 2008 e alla sua riduzione consistente in avvio di 2009. Ma poi "il panico finanziario partito dal fallimento di Lehman a metà settembre ha ontagiato l'economia reale". "In Italia - secondo l'analisi degli esperti di Confindustria - le tendenze al peggioramento sono evidenti negli ordini interni ed esteri e negli indicatori qualitativi, in particolare nel manifatturiero. Dove in ottobre la fiducia delle imprese è scesa ai minimi dal 1993 (77,7 da 81,8 in settembre) e l'indice Pmi è a 39,7 dal 44,4 precedente. Il Pmi dei servizi è pure in territorio recessivo in ottobre: 45,7 (dal 49,4)". Secondo Confindustria si tratta della "recessione più grave perchè comune a tutte le maggiori economie industriali, dentro e fuori l'Unione europea. Segni preoccupanti di rallentamento provengono dai Paesi emergenti. Non sono più rinviabili misure di rilancio dell'economia. La Bce, che aveva stretto il credito in luglio quando il Pil di Eurolandia stava già arretrando, è in clamoroso ritardo nel ridurre i tassi reali (l'inflazione core è ferma all'1,9%) e non tiene conto del costo del denaro effettivamente pagato dalle imprese". Il primo punto toccato da Confindustria è quello della liquidità creditizia. "È cruciale l'azione già intrapresa per evitare il credit crunch (la crisi creditizia dovuta alla scarsezza di liquidità ndr): l'economia italiana ed europea stavano già retrocedendo quando la disponibilità di credito, seppure a costo più elevato, era rimasta abbondante. I danni di una contrazione dei prestiti sarebbero irreparabili". "I governi nazionali - chiede allora il Centro Studi di Confindustria - devono sostenere la domanda attraverso investimenti pubblici, riduzione delle imposte sui redditi bassi e agevolazioni agli investimenti per le imprese. Solo con politiche espansive sarà possibile riportare l'economia sui binari della crescita nella seconda metà del 2009"
Federica Guidi: "Crisi di dimensioni sconosciute" commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 16 novembre 2008 "Siamo in una crisi di dimensioni ancora sconosciute. Temo che siamo ancora a metà del guado. L'economia reale deve ancora cominciare ad avere gli effetti drammatici di questa crisi". Così il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, Federica Guidi, intervistata a Domenica In. "Temo - dice - che avremo tutto il 2009 complicato. Sono molto preoccupata. Certamente avremo tempi molto complicati, e l'economia reale soffrirà parecchio", ma "è difficile fare previsioni oggi". Preoccupa in particolare la "crisi di fiducia", un "punto essenziale: c'è una crisi di fiducia che sta mettendo in stallo tutta l'economia". Mentre resta il peso di "una pressione fiscale troppo alta", e serve "un piano Marshall di investimenti nelle infrastrutture".
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